Iris di van Gogh su affresco digitale. Circondati di aria, vita e Arte, perché:
“Arte è cio che il mondo diventerà, non ciò che il mondo è.” Karl Kraus
Ci sono luoghi, volti, parole e immagini che possono farci “sentire” parte di una bellezza che in qualche modo ci investe e ci riguarda.
L’opera di van Gogh, riesce attraverso gli anni i secoli e le generazioni, a suscitare negli animi delle persone quel sentimento di armonia e bellezza, quell’interrogazione costante sul significato delle cose che rende un’opera d’arte una forma di educazione costante alla vita.
Che cosa è la Bellezza?
“Quando giudichiamo bello un oggetto, un’opera d’arte, una persona, un paesaggio, nel nostro giudizio si manifesta qualcosa che ‘sentiamo’ e che nello stesso tempo – come dimostra la Critica del giudizio (1790) di I. Kant – non riusciamo a ‘dire’, ovvero a definire, in termini logico-concettuali.”
http://www.treccani.it/enciclopedia/bellezza/
Perché? E come?
Proviamo a rispondere proprio con alcune parole che Vincent van Gogh indirizzò alla sorella Wilhelmina nel novembre del 1888:
“Non so se capirai che si può fare una poesia solo disponendo sapientemente dei colori, così come si possono dire cose consolanti in musica. Allo stesso modo, alcune linee bizzarre, scelte e moltiplicate, serpeggianti in tutto il quadro, non devono dare un giardino nella sua rassomiglianza volgare, ma disegnarcelo come veduto in sogno, nel tempo stesso reale, eppure più strano che nella realtà.”
Forse è questo il segreto del fascino inesauribile dell’Iris di van Gogh dipinto a Saint-Rémy nel maggio del 1889.
Una composizione in cui si risente l’eco delle xilografie giapponesi e che il fratello Theo definì come un’opera capace di: “Colpire l’occhio da lontano. Un bellissimo studio pieno di aria e di vita.”
O forse ancora perchè come ha scritto Octave Mirbeau, primo proprietario del quadro e critico d’arte, negli ”Iris” van Gogh è riuscito a cogliere, a comprendere: “la natura squisita del fiore”. Di ogni fiore.
Qualunque sia la tua risposta, oggi grazie alla tecnica dell’affresco digitale, un’applicazione su tonachino a spessore su rete, simile agli antichi affreschi, puoi avere sempre accanto a te il dipinto conservato nel J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
Puoi continuare così a provare quella sensazione di armonia ogni giorno, rendendo ogni attimo più prezioso e pieno grazie all’esperienza quotidiana della Bellezza che un affresco digitale di Semiografica può regalarti.
Giugno 4, 2016 il 12:59 am
Parto dal presupposto citato in questa riflessione, sul dipinto dell’Iris di Van Gogh, sull’interrogazione costante e sul valore delle cose.
Ogni “cosa”, a modo suo, che rappresenta o suscita bellezza: gli esseri umani sono portati a volerla tutta per se, a possederla e osteggiarla. È’ qui si sposano 2 correnti di pensiero diverse ma allo stesso tempo complementari. È’ giusto possedere una cosa, entro certi confini, così come è giusto apprezzarla. Apprezzare ‘una cosa’ significa: guardarla, sentirla, ascoltarla, sempre minuziosamente in ogni prospettiva e con stati d’animi diversi. Condividerla non segregarla.
E’ qui, e’ la chiave di tutto sul vero valore delle cose e sull’ idea di circondarsi di bellezza che porta alla vera strada sull’ armonia dell’anima. Il pittore in questo dipinto ha voluto rappresentare un giardino o un cespuglio: nel quale una pianta in particolare, o per la sua bellezza o per un ricordo caro all’artista, ne’ e’ la protagonista.
L’Iris nella sua rappresentativa interezza estetica. A questo punto, mi chiedo: cos’e’ un giardino?
Un insieme di esseri vegetali coltivati per le loro forme estetiche e per i loro colori, è qualcosa di deciso dall’uomo. La sua bellezza prescinde dalla sua naturalezza.
E questi fiori, queste aiuole, ce la mettono tutta per attirare l’attenzione dell’uomo: . L’Iris primeggia su tutte in questo contesto. Tutti la vorranno. Domani, un qualcuno verrà, la estirperà, ne poterà altre, ne metterà a dimora altre ancora. Nell’armonia del giardino che non è altro, per me, la metafora del quadro, c’è anche un po’ di spietatezza. I fiori più belli vengono strappati e così, proprio, come tutte le più belle cose si vive solo un giorno come lo splendore di un fiore. il giorno dopo è già appassito.
Van Gogh dipingendo questo splendore lo ha voluto rendere eterno, e, immortale! Coltiviamo il pensiero di Van Gogh e di tutti gli artisti che si sposano alle 7 muse dell’arte. Interpretiamo, rappresentiamo a modo nostro, condividiamo con il nostro estro il grande patrimonio della cultura di cui siamo eredi. Dalla musica suonando, con il nostro tempo e le nostre emozioni, una partitura che va dell’immenso Bach al genio incompreso di Beethoven. Così come nel teatro e nella scultura non dimenticandoci mai di interpretare la meraviglia attraverso le nostre passioni ed emozioni.
Concludendo e condividendo il post sul punto che non tutti possono avere un originale dipinto di Van Gogh: è errato. Grazie all’interpretazione dell’arte, da parte degli esseri umani, con le loro diverse tecniche, e, come se ognuno di noi: se volesse il ‘suo’ dipinto lo avrebbe. Amici cari l’armonia della propria vita si raggiunge circondandoci di bellezza. Non importa se la ‘cosa’ sia un originale o una copia. L’importante è che, in ogni copia siffatta, sia interpretata con il senso del vero e animata da passione ed emozione. Semiografica è un passo avanti con questo nuovo progetto. Complimenti ragazzi, per l’idea perspicace avuta e prodotta.
Giugno 4, 2016 il 12:52 pm
…restando sulla “metafora” del giardino direi: “Vi è un momento della vita in cui si smette di cogliere i fiori che sono nei campi per “possederli” e si gode di poterli ammirare nel luogo in cui si trovano. Quel momento segna, sia pure in modo riduttivo e modesto, il momento di passaggio dal godere ciò che si possiede al godere delle cose indipendentemente dal loro possesso: un godimento legato al solo fatto che ci sono e noi possiamo essere gratuitamente partecipi della loro presenza” ( F. Montuschi ).E non vi è dubbio che alla bellezza bisognerebbe abituarsi sin da bambini…(” La bellezza è un diritto del bambino e dell’uomo e si esercita nel quotidiano” ). Così come bisognerebbe fare esperienza della relazione che si instaura con un’opera d’arte: è un fatto di “abitudine”. Ed anche la “riproduzione” di un’opera d’arte può mettere in moto questo processo di avvicinamento al “bello”.Chi ha la “possibilità” poi di fruire di un’opera d’arte “dal vivo”, capisce in un istante che un’opera d’arte è “viva”; può non piacere, ma non ci si può sottrarre a tutto ciò che il nostro sguardo “attiva” e che, quando nel museo non ci sono visitatori, resta comunque lì…in attesa di essere attivato nuovamente. È a questa relazione che bisognerebbe avere accesso ed abituarsi sin da bambini…